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      .. ratto, Sergio e Regina s'invitavano scambiavolmente a quelle feste della natura.
      - Gli è per te - diceva Sergio - che quel sole s'imporpora di tanta orgia di luce; l'è te che quel piccolo fiore curioso vuole spiare al passaggio; gli è di te che quegli augelli ciarlieri chiacchierano per dirsi: Vedi mo! che begli occhi! Tu non n'ài di così splendidi, mia vezzosa cardellina! Che bei capelli neri! Nasconditi, su, mastro corvo! Che testa viva ed allerta! Tu sei ben contadina, al paragone, signorina rondinella.
      E tutto celebrava così il zonzare dei due mortali che traversavano una contrada poco bazzicata dalla turba, onde trovarsi, soli, intieri in faccia a Dio ed alla natura, con tutta l'opulenza infinita del loro amore.
      - In fede mia - diceva Sergio - se io potessi tirar dal mio cuore altra rima che: t'amo! scriverei dei versi.
      - Tira pure, tira, e scrivine ancora su codesta rima - rispondeva Regina. - Io ti darò la replica.
      - Con la stessa parola?
      - Imparate dunque, signor mio, che io rispetto la prosodia - rimbeccava Regina, baciandolo.
      Di montagna in montagna, di villaggio in villaggio, di clan in clan, essi consumarono così due mesi di voluttà. Le ore snocciolavano come perle d'ambra d'un monile nelle mani di una cortigiana greca.
      Essi non sfioravano il mondo che delle punte delle ali.
      La vita materiale, a dir vero, non era delle più confortevoli. In fra le montagne di Argyle, di Ross, d'Inverness, di Stillig - dove essi s'inerpicavano a piedi, le braccia allacciate, gli occhi negli occhi più sovente che nel cielo - il pranzo, a quell'epoca, lasciava molto a desiderare, ed il giaciglio ancora di più. Ma quando eglino non avevano che un cattivo oat-cake - focaccia d'avena - o un milk-porridge - zuppa di latte - Regina l'accostava alle sue labbra, poi lo porgeva a Sergio, e diceva:


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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