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      Egli apriva tutto intero il suo cuore: rimuginavano fino i più segreti ripostigli; prodigava checchè si aveva di passione e di sensibilità. E' non celava nulla, non sparmiava nulla. Sciupava senza riserbo, nè misura, sopratutto senza il tedio del dimani - quel tedio pensieroso che è lo scoglio a cui frangesi l'amor ingenuo ed ardente, il quale dà tutto in una volta sola, schiaccia e soffoca l'oggetto preso nei suoi artigli divini.
      Cosa strana! quell'uomo che sapeva con tant'arte e talento distribuire le scene di un dramma, e condurre gli effetti di un romanzo, preparando le passioni, versandole gocciola a gocciola, con progressione ed opportunità, quell'uomo lasciavasi andare, nella vita reale, con una imprevidenza da adolescente.
      Regina, lei, ritenevasi meglio, e vi guardava più al sottile. Ella smaniava di voglia per raccontare le scene bizzarre di sua fanciullezza - la vita da zingari, di cui essi vivevano adesso, richiamandone il sovvenire. Ella avrebbe raccontato quelle scene con le delizie egoiste di colui che, dall'alto dei veroni del suo castello, mira i cavalloni dell'Oceano correr l'un sull'altro a mo' di montagna. Ma Regina si raffrenò. Ella non discorse che della sua pensione, e della sua vita vaneggiatrice di giovinetta. Ella prodigò meno ancora l'amor suo - il suo cuore essendo del resto rimasto straniero alla sua scappatuccia.
      Ella erasi entusiasmata, inebbriata del poeta, e lo aveva amato del cervello, infra la lettura di due odi e due romanzi.
      Regina non lesinò dunque un briciolo di questa specie d'amore prismatico - cui si potrebbe addimandar pure fantasia.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Oceano Regina