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      - Peste! lo tradiresti di già, per consacrargli un simile elogio da epitaffio al Père Lachaise?
      - Mi pento di esser venuta. Oh! sì: dovevo pur saperlo che gli uomini come voi non perdonano mai.
      - E perchè no... quando sprezzano l'offesa?
      - Io sovverrommi mai sempre di ciò che ero, e di ciò che avete fatto per me. La gitanella di Nicastro aveva la sua piccola volontà; ma ella aveva altresì del cuore.
      - Per chi, dunque?
      Regina guardò a sua volta fissamente il dottore e rispose:
      - Per quelli che l'ànno amata.
      - In questo caso, io conosco mica male di deseredati. Ma passiam oltre. Adesso la gitanella in questione si annoia.
      - Un pochino.
      - Ella trova il tempo lungo, l'esistenza vuota, le serate monotone e scure. Ella è sola nel mezzo della folla, vedova al focolaio domestico. Ella si trova fuori di classe, fuori dell'orbita sua naturale...
      - Voi credete?
      - La giovinetta cotanto festeggiata nel mondo, si tedia, giovane donna più che giammai. La giovinetta sì elegante, sì scintillante di gusto e di semplicità, si trova, giovane sposa senza diamanti, senza carrozza, senza una falange di lacchè... attrice riboccante di brio e di spirito, in tutta la potenza dei suoi mezzi, ma senza teatro, senza pubblico.
      - Voi esagerate, dottore.
      - La fanciulla aveva vaneggiato di un Dio che doveva trasfigurare la giovane sposa. Ella à visto quel Dio trasformarsi egli stesso in una creatura fastidiosa, silenziosa, distratta, che beve, mangia, dorme, e carezza sua moglie - quando la carezza - come l'ultimo dei facchini dell'Auvergne.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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