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      I suoi piedi piccini, inarcati, elastici davano i brividi.
      Quando Regina entrò nel salone, tutti gli sguardi si volsero e fermarono su di lei. In mezzo ad una folla d'inglesi - pettinate con uccelli di paradiso, azzimate di rosso e schiacciate sotto una bardatura di diamanti; in mezzo a delle matrone germaniche - caricate d'abiti di velluto verde pomo; infra Americane adornate come tabernacoli di ogni sorta d'oreficeria; d'Italiane, balenanti come iride, e di Russe splendenti di gioielli... quella giovane sì bella, sì elegantemente semplice, messa con un gusto sì squisito, di un portamento sì sereno e sicuro di sè, doveva naturalmente far senso, per la stessa bizzarria del contrasto. Regina, del resto, era di quel piccolo numero di Parigine che - adorne con la medesima aristrocratica semplicità - formavano la via lattea del ballo dall'ambasciata.
      Ella divenne quindi all'istante il centro della festa. Gli inviti alla danza s'incrociavano.
      Alberto Dehal, che era pur quivi, non osò neppure salutarla. Restò a contemplarla in uno stato di stupefazione estatica.
      Il dottore si tenne sotto l'arco di una porta e calcolava. Ma non passò guari, e vide entrare nel salone, in faccia a lui, un signore di alta statura, il petto screziato di decorazioni, vestito da generale, ed i suoi lineamenti, i suoi capelli biondo-rossi, il suo portamento, tradendo la sua origine settentrionale.
      Il dottore traversò la sala dove trovavasi Regina, e cui lo straniero traversava anch'egli lentamente, salutando questi, dicendo un motto a quegli e sbirciando tutti e tutto.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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