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      Augusta entrava. L'intendente ordinava al cocchiere: Andate.
      Egli, l'intendente, se ne iva per i piccoli fatti suoi.
      E madama Thibault?
      La degna dama bazzicava la soirées, faceva visite - diceva ella, diceva altresì l'intendente. In realtà, la signora Thibault recavasi in una deliziosa piccola palazzina, fra due giardini, nella via Neuve-des-Mathuarins - il paradiso del signor Alberto de Dehal. Ella restava quivi presso a poco fino alle due del mattino, dopo cui, il babbo Tim o Tob - che scaldavasi al camino, o passeggiava, o dormiva nell'anticamera fin dalla mezzanotte - le apriva di nuovo lo sportello del coupé e rientravano in casa.
      Il signor Alberto Dehal, anch'egli figurava nel bilancio di entrata della bella vedova, per cinquanta o sessanta mila franchi l'anno - tutto compreso.
      Con un'esistenza così piena e così sapientemente combinata, la signora Thibault passava nel mondo per una donna irreprovevole. Ella era patronesse di opere pie nella sua parrocchia. Questuava per i poveri alla messa cantata della domenica. Riceveva le visite officiali del signor curato, della società divota, e, quando ella vi consentiva, anche la buona società, la borghesia. Perfino qualche membro dell'aristocrazia avventuravasi a cacciare in quelle steppe. Per lo meno, codesto dicevasi a proposito del principe di Lavandall. Imperciocchè, di certi signori stranieri, di certi principi italiani, conti polacchi, baroni tedeschi, dicevasi, nè più nè meno, ch'essi bazzicavano la casa della vedovina schiettamente per sposarla.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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