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      Io farò parlare. Benissimo. Se l'agente di un governo qualunque è così malaccorto di parlare, tanto meglio che lo si smascheri. Egli non sarà impiegato più nella bisogna, e non sarà più periglioso.
      Regina si assise di nuovo, e gli occhi fissi sur un pastello bozzato continuò a vaneggiare.
      - Ma che uffizio superbo è poi quello di ricevere alti funzionari, e quindi della gente del corpo diplomatico, e poi dei giornalisti serii, ed inoltre il mondo della corte, dei generali, dei grossi banchieri, il nunzio... Trovo che davvero 20,000 franchi è troppo poco per codesto... Sì troppo, troppo poco... Occorrerà dimandare un aumento di dotazione sulle spese di rappresentazione. E chi lo saprà? Io sono a chiedermelo. Nè il principe, nè il dottore, nè io, certo, ne parleremo. Sarebbe dunque il diavolo che si accollerebbe codesta brutta bisogna per nulla? Decisamente, io penso che posso accettare. Il conte di Nubo, del resto, che è stato il mio miglior amico, non mi avrebbe consigliato una cosa simile, se la fosse stata cattiva.
      Dopo questo esame di coscienza, dopo questa espansione di confidenza, Regina ebbe un novello accesso di dubbio. In seguito, una nuova crisi di bramosia. Poi ancora delle paure novelle. Ella bilicò infine su questa altalena per due giorni. Sovvennesi però di aver detto a suo zio, in un primo slancio di leggierezza, ch'ella accettava l'invito al ballo del ministro della marina. Se ne pentì. Poi se ne consolò sclamando:
      - Il primo impulso è sempre il più retto; ed ò ben fatto.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Nubo Regina