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      Il suo andare era lento ed un po' stracco. Trascinava il passo come la gente distratta, la quale si cura poco della terra cui calpesta e del mondo che la circonda. Era molto pallido. Ma s'indovinava di un'occhiata, che quella pallidezza, pur non essendo affatto naturale, non era una pallidezza completamente malaticcia, nè sopra tutto quel pallore sinistro che denunzia il vizio od il rimorso.
      I suoi capelli bruni, un cotal poco laschi sulla fronte, inquadravano un viso leggiermente allungato e si armonizzavano con i tratti avvenentissimi della sua fisionomia.
      Portava tutta la barba, d'un colore alquanto men scuro dei capelli.
      Uno sguardo opaco e chiuso in di dentro spiccava d'ordinario dai suoi occhi di smeraldo. Per momenti però, quello sguardo si allumava, come le lanterne cieche che si animano di botto quando le si dirigono verso l'oggetto cui si vuole rischiarare. Per ciò, appunto, il suo sembiante dal color scialbo ed inespressivo di già, si velava inoltre di uno strato di ghiaccio. Quell'uomo diventava allora un mistero. Tanto più che la sua bocca si componeva di raro al sorriso, quantunque facesse mostra di denti magnifici, fra due labbra pallide nascoste sotto lunghi batti.
      Quell'aspetto sofferente non si spiegava. Imperciocchè, non magrezza, non linee curve, non contrazioni violente di muscoli, non rughe, nulla insomma, l'abbiam detto, che dinotasse il disordine dell'esistenza di certi chiostri, un guasto permanente nella salute. Nulla che indicasse la causa, a quell'età, di quel tono freddo, di quell'aria molle, di quello spossamento di fluido che, dal primo incontro, teneva a distanza coloro che l'avvicinavano.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440