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      Visse a Roma un anno, senza vedere un'anima, tranne papa Gregorio XVI - che era un maiale - e che lo ricevè una volta ed andò a visitarlo due, nella di lui villa vicino Albano.
      Il papa vi pranzò anzi, perchè Gregorio amava desinar bene, ed in casa Lavandall si faceva lauta mensa.
      In questo frattempo, la madre del principe - la quale si era rimaritata ad un giovane conte polacco - capitò a Roma ed andò ad istallarsi in casa del figlio, verso il Pincio.
      Tutto al contrario del principe di Lavandall - che scansava il mondo - la madre lo attirava intorno a lei a grossi fiotti.
      Il principe Pietro si trovò di nuovo, dunque, malgrado lui, in mezzo alla società. La collera, del resto, era passata; il cordoglio si era calmato.
      Egli cominciò, nonpertanto, a trovare i balli dei principi romani insopportabili; i desinari dei cardinali grossolani; gli spettacoli stolidi. Le feste di sua madre lo stancavano meno. Imperciocchè, se sua madre invitava l'aristocrazia romana e straniera, egli invitava nel tempo stesso, da parte sua, gli artisti e gli scienziati.
      Ecco come codesto era avvenuto, con grande scandalo delle principesse romane - le quali non ricevono gli artisti ed i letterati che nei loro boudoir, dicesi, in un'altra camera più particolare, dicevan dessi.
      Per fare eseguire un busto di suo padre, il principe Pietro aveva visitato lo studio di uno scultore francese, Filippo Mortier, che gli era stato indicato come uomo di rara abilità. Andando all'atelier, gli era capitato due o tre volte di non trovarvi lo scultore.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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