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      E' non vi risuonava oggimai che una voce: quella del conte Alessandro. Non altro movimento lo turbava che quello cui vi portava il giovane conte con le sue cacce perigliose, le sue escursioni nelle vicinanze, i suoi fucili, i suoi cani, i suoi cavalli, i suoi compagni di piacere, i quali venivano a prenderlo od a tenergli compagnia.
      Maud passava come un'ombra bianca e silenziosa in mezzo alla calma, o piuttosto al vuoto, che si allargava intorno a lei più sempre e poi sempre.
      Non eravi attenzione minuta, prevenenza ch'ella sparmiasse a suo marito. Indovinava i desiderii di lui ed andava loro incontro. Faceva dei miracoli per imparare certi pezzi di Bellini e di Donizzetti, i quali le era sembrato toccassero di più il principe nei suoi viaggi per Francia ed Italia. Ed ogni sera, dopo il thè, ella lo prendeva dolcemente per la mano, si slanciava al piano, e gli modulava, a voce bassa, per lui solo solo, l'aria che aveva discifrata nel dì.
      Ella divorava la notte i poeti, per recitare a suo marito gli squarci i più belli, nelle loro rare passeggiate sulle terrazze del castello, od accanto al fuoco, la sera. Ella studiava le scienze naturali, onde avere un obietto di conversazione che sembrava più gradevole al principe. Ella sapeva far nascere sul suo sembiante un sorriso che non era nella sua anima, per offrire un raggio di aurora a quella notte.
      Gli è vero che nel suo sguardo Maud portava più sollecitudine che tenerezza; che dalla sua conversazione la parola amore era esclusa; ch'ella non fece giammai un segno per incoraggiar suo marito a rompere la cerchia terribile cui aveva scavata intorno a lei la sua prima notte di nozze; ch'ella non fece giammai un'allusione tenera per alleviare il supplizio di quel Tantalo; ch'ella non indicò giammai la via del cielo a quel dannato.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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