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      Un giorno, Alessandro gli propose di fare un viaggio in Francia; andare alle acque in Germania. Gli occhi del principe corruscarono, e non rispose.
      La vita diveniva intollerabile. Ora, se Maud aveva il dovere di subirla e l'abitudine di soffrirla, quali erano le ragioni - dimandavasi il principe - per le quali il giovane conte vi si sottometteva? Perchè non ritornava egli alla corte, piuttosto che proporre distrazioni di viaggio? Che interesse aveva egli a restare in quel soggiorno di cordoglio e di ombre - lui cui le feste invocavano, cui l'amore agognava, cui il favore del sovrano attirava?
      Il principe Pietro trovavasi una sera sotto l'imperio di queste riflessioni, prendendo il thè da sua moglie, in compagnia di suo fratello, quando e' credette sorprendere, e sorprese di fatto, uno sguardo di intelligenza in fra le due giovani persone.
      Lo sguardo del conte era intenerito; quello di Maud, spaventato.
      E si facevano segno.
      Il fatto è che la fisonomia del principe si scomponeva a vista; che i suoi occhi addiventavano orribilmente stralunati; che un pallore cinereo si diluiva sul suo sembiante; che la sua bocca contorcevasi; ch'e' tremava tutto; che sforzavasi di aggraffarsi alla tavola, al seggiolone; che, una parola agonizzava a rantolo nella sua strozza.
      Maud diceva degli occhi al conte: chiamate Ivan!
      Il conte si sentiva il cuore compreso di una pietà senza limite per suo fratello, cui egli tanto amava e cui vedeva tanto soffrire.
      Il principe colse quello sguardo e cadde di peso sul solare, innanzi che suo fratello gli aprisse le braccia.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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