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      Quegli audacelli pigiavano sopra tutti; facevan peggio che salivare sulla faccia di quegli esseri secolari e serii, i quali, incappellati come i Grandi di Spagna innanzi al re, portavano il capo alto innanzi agli aquiloni.
      Un olezzo indefinito si spandeva nell'aria e la saturava. Esso si esalava di dovunque: dalle thuye, che si schieravano in battaglia intorno ai grandi alberi; dai budleya ai grappoli di fiori azzurri; dalle piccole deutzie al loro nevigato di fiori di argento; dagl'indigoferi che sparpagliavano i loro getti di porpora, dai rhus che lasciavan folleggiare i venti lascivi nella loro bionde capigliature inanellate; dai vitex(20) che innalzavano le loro lunghe spighe di fiori cilestri. Che irradiamento animato! Che invasione di vita! I viali ombreggiati, cui la principessa Bianca ed il suo cavaliere traversavano, sembravano degli squarci in un mare di smeraldo. La foresta era una sirena.
      La natura fondeva i colori, i profumi, le voci, le scintille, i sentimenti ed i gradi.
      Si aspettava Bianca ed il duca per asciolvere e tornare al castello.
      Si era ucciso una montagna di lepri, di conigli, di palombi, di merli, qualche riccio, qualche istrice, qualche scoiattolo, molti fagiani. Si era ucciso per uccidere. Imperciocchè tutto ciò, in quella stagione, non valeva nulla. Non era la caccia, era l'assassinio. Quanti amori interrotti? Quanti orfani condannati a perire?
      Bianca non aveva scaricato il suo fucile. Ella non era venuta per dar mano a quel massacro, ma per bagnarsi nell'aria aperta, dopo una settimana di città e di castello.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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