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      - Magari no! Quelle spiritose bestie ànno ragione.
      Si volse a sinistra, ed un quadro maraviglioso si presentò ai loro sguardi.
      Il viale metteva capo al lembo di un burrone. Di fronte, si rizzava altissimo uno scoglio rossastro a foggia di mitra, sormontato da un picco, come il corno dei dogi di Venezia. Un torrente scendeva ad infrangersi contro quel corno, e l'acqua, così respinta, si gettava in due nappi, a destra ed a sinistra, formando due cascate, che ricadevano da una altezza di cento piedi in una valle, e si riunivano. La parabola che descrivevano quelle due cascate formava come due archi che fiancheggiavano la roccia, e le due tese d'acqua rassomigliavano a due anse di un'anfora - un'anfora alla forma di una mitra episcopale. Un vapore di polvere di diamanti la covriva. Il sole l'animava e ne faceva un nembo d'iride.
      Il Cristo, sul Tabor, ebbe a trasfigurarsi così.
      - Oh! come è bello! - sclamò il duca, guardando il viso di Bianca, e per conseguenza volgendo le spalle alle cascate.
      Bianca partì in uno scroscio di riso e disse:
      - Piede a terra, allora, mastro Alain.
      Lo staffiere prese i cavalli. La principessa si appoggiò al braccio del duca, e cominciò a discendere il burrone.
      - Aprite dunque il vostro paracqua - diss'ella; - noi andiamo...
      - A traversare il mar Rosso a piede secco, ma al capo innondato - soggiunse il duca.
      Passarono infatti sotto la parabola della cascata, a destra, avendo sulla testa quella vôlta di cristallo soffusa di luce. Salirono qualche scaglione tagliato nella roccia, poi entrarono sotto una specie di galleria che forava il masso di lungo a lungo.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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