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      Il delitto e l'assassinio, alla fin fine, non ricadono su coloro che se ne macchiano, ma su coloro che li provocano. La giustizia umana borbotta come barbogia.
      - E strangola come brigante, Altezza - in Francia almeno, dove si è inventata quell'assurda infamia che addimandasi eguaglianza. Ma noi non ne siamo ancora lì. Noi vaneggiamo, in lontananza, dei grandi drammi e delle grandi peripezie, per arrivar forse ad una soluzione che può esser delle più semplici. Lasciatemi dapprima ispezionare il campo di battaglia e scandagliare le forze del nemico. Poi, farsa o tragedia, ci si troverà pronti a tutto.
      - Punto di scrupoli, principe! Con galeotti, gallonati o coronati, tutto è permesso. L'infamia è una necessità, e talvolta un dovere.
      Il principe di Tebe uscì. Il suo aspetto era addivenuto orrido pronunziando le ultime parole.
      Il principe Lavandall lo accompagnò in silenzio, gli occhi bassi - sotto quello sguardo che distillava sangue.
      Quando ritornò nel suo gabinetto, vi trovò Sergio di Linsac che lo aspettava.
      - Ebbene? - sclamò il principe, esprimendo con tutta la sua persona una pressante interrogazione.
      Sergio di Linsac sorrise e si fregò le mani di un'aria soddisfatta.
     
     
     
      VI.
     
      Un po' delle cose del duca di Balbek.
     
      Il duca di Landolles, emigrato rientrato e rallegato a Bonaparte imperatore, aveva maritato le sue due figlie con due generali: l'una al conte di Saint-Alleux - morto da una granata a Waterloo; l'altra al conte di Muge - riavvicinato ai Borboni ed ucciso in Africa da Abdel-Kader.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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