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      Appena se ella s'informava di ciò che il duca di Balbek era stato nel suo paese.
      Ella non s'inquietava punto di ciò ch'egli faceva a Parigi.
      E' le sembrava naturalissimo che re Claudio III avesse investito dell'ambasciata di Francia un così bel cavaliere.
      E' le sembrava impossibile che un gentiluomo, incaricato di quelle funzioni, non ne avesse calcolato l'alta responsabilità, e che non fosse stimato e rispettato. Perchè allora interrogar delle bocche, le quali, in questa circostanza, non risponderebbero invariabilmente che con la piaggieria od il denigramento?
      Vitaliana non leggeva giornali, d'altronde. E quando la si mostrava, raramente ancora, nel mondo, ella spandeva intorno a lei tal profumo di purità, raggiava di tanta bellezza, che non si scorgeva quel piccolo duca - più che non si scorge una mosca sulla cornice, quando si contempla il quadro della Trasfigurazione.
      Librata dunque sopra tutte quelle nuvole, la serenità di Vitaliana era eterna come quella del firmamento.
      Vitaliana era una creatura diafana.
      Se fossimo a Firenze, io vi direi: Andate a visitare al palazzo Pitti la vergine di Murillo, a fianco alla Madonna della Seggiola di Raffaello: ecco Vitaliana!
      Ella incarnava quella concezione divina del pittore spagnolo.
      S'incontra qualcuna di quelle figure sotto il cielo brumoso dell'Inghilterra - e vi credete, per un istante, su i minareti di Stambul, in una notte di luna piena. Quelle nature sono inaffiate di raggi di stelle: vi si vede circolar l'anima!
      I grandi occhi cinerei di Vitaliana, allo sguardo sì lontano, sì profondo, sì serico, sì dolce e cristallino - se venivan fuori dal vago infinito in cui sembravano immersi, dovunque si fissavano, facevan nascere dei gigli - come racconta la leggenda degli occhi di Gesù. Si sarebbe detto che v'inondassero di foglie di rosa.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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