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      La felicitą č dessa altra cosa che lo stordimento?
      Dante ą scritto sulla porta del suo inferno: "Lasciate ogni speranza."
      Avrebbe dovuto scrivere sulla porta del paradiso: Lasciate ogni memoria, o voi che entrate! La gioia č l'oblio.
      Il duca di Balbek, come i gaudenti romani che depositavano sulla soglia del triclinium le nere preoccupazioni, atrę curę, traversava le procelle, e, dominando le regioni delle nuvole, si trovava in presenza di Morella - l'azzurro vertiginoso di cui s'inebriava!
      Se egli fosse stato un'anima nel mondo, soffrendo qui, arrossendo colą, sopraffatto da angosce nel suo palazzo, alle prese col destino dovunque, ricevendolo nella sua camera, Morella, questa Circe, ne avrebbe fatto un senso.
      Il primo che inventņ l'anima aveva dovuto essere supremamente infelice, onde avere poi quella divina intuizione!
      In realtą, quale era la situazione del duca?
      Il principe di Lavandall riceveva sulla sua vittima, quasi ogni giorno, due rapporti: l'uno da madama Thibault, proveniente da Pradau; l'altro, dal signor di Linsac, scritto da Morella.
      - Timoteo - diceva Augusta a Tob, o Pradau - tu mi annaspi lą un brogliamini, ove io non veggo nč testa, nč coda. Bisogna pertanto bene che io mi vi raccapezzi.
      - Non temete nulla, madama. Altri possono smarrirsi; voi vi troverete sempre. Voi avete la tavola pitagorica nel sangue.
      - Imbecille! non č mica di tavola o di stipi che č questione, ma delle tue storie.
      - Voi volete dire della mia conversazione? Per esempio! voi sareste la prima che non ne gustereste il profumo.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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