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      Un artista, un autore, che vi era invitato, mostrava la lettera del principe come un poeta mostra una lettera di Victor Hugo. Era un diploma che dava delle ali. Essere stato al ballo del principe, costituiva una patente di nobiltà. Si era sicuri incontrare in quel salone tutto quanto Parigi possedeva di legittimamente illustre. Si contavano le intrusioni come una verruca sul viso di una ballerina. Questa spia di grande nobiltà ecclissava il re! Quando Vitaliana vi giunse, le sale ridondavano di gente. Il principe le andò incontro e le offerse il braccio per condurla nel salone principale. Il dottore di Nubo era probabilmente all'agguato del duca di Balbek, perchè, vedendolo, lo seguì lentamente fino a che non l'ebbe ridotto nel vano di un balcone. E' gli disse un motto in italiano. Il duca rispose con un segno di testa e sguizzò in mezzo ai capannelli risplendenti di diamanti, di cordoni e di crachats. Vitaliana proiettò il suo sguardo comprensivo nelle sale ch'ella traversò, ed infine, in mezzo ad un gruppo di attachés e di altri giovani gentiluomini alla moda, scorse il conte di Alleux. Adriano arrossì. Vitaliana impallidì. Ma dessa continuò il suo andare, quasi avesse percorso la via sacra dei trionfatori. Adriano non si mosse, avvegnachè si volgesse per nascondere l'itto di quello sguardo, che andava ad impiantarsi nel suo cuore. Il nugolo di quei giovanotti si sciolse, e presero tutti a svolazzare intorno a Vitaliana, chi per salutarla, chi per invitarla a danzare.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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