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      nuovo. Quando lord Warland l'ebbe ricondotta ad un canapè, un gruppo di giovanotti si avvicinò a Vitaliana per invitarla. Adriano non lasciò il suo posto. Sembrava anzi che avesse scelto un alto, fra due giri di walzer, per andare a salutare sua cugina, onde compiere un dovere verso di lei agli occhi del mondo, ma evitare le spieghe. Ciò non impedì che Vitaliana si lasciasse fascinare da tutte le provocazioni della festa. Tutto ciò che vi era di più elegante per nascita, distinzione, grazia, svolazzò intorno a lei. Le donne, esse stesse, si sentivano disarmate in presenza di quella figura, la quale aveva tutte le seduzioni dell'adolescenza e non uno dei provocamenti della donna che à morsicato al frutto della vita. Vitaliana, che aveva di ordinario poco spirito, si elettrizzava in mezzo a quel battibecco scintillante di sguardi bramosi, di motti squisiti ed aguzzati a punta d'oro, di lumi, di profumi, di bagliori, di gioie; in quella mischia di spalle nude, di petti alitanti, di occhi avidi, di gazes fiammeggianti - che nel turbinio della danza sembrano ali - ; di quella musica che scoppiettava come lo champagne e dava le stesse prismatiche ebbrezze. Ella ballò un po' per sè stessa, molto per gli altri. Imperocchè si è implacabili, in un ballo, per le belle signorine. Bisogna ch'elleno espiino la divinità della bellezza, e che, la pelle madida, la respirazione fiaccata, i piedi ammaccati, le loro penne di angelo gualcite, le facciano infine invidiare l'abbandono della fanciulla brutta e scartata.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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