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      Il cuore di Adriano battè con violenza.
      Ascoltò di nuovo gli strepiti della casa.
      Nulla di allarmante!
      Scartò allora la tavoletta che copriva il quadrante, e vide le lettere azzurre sullo smalto bianco sorridere alla sua bramosia. Toccò le lettere, componendo il nome di Bianca.
      Lo stipetto si aprì, e mostrò il taccuino di velluto violetto.
      La mano di Adriano trema. Lo prende. Ascolta ancora. L'apre. Ascolta novellamente... Ecco le carte! Ne spiega una... e gitta un grosso sospiro.
      Alla prima parola, indovina che à i documenti tanto desiderati!
      Si caccia il taccuino in tasca. Chiude la tavoletta del quadrante. Aggiusta quello che lo nasconde. Chiude il coverchio del mobile... e pallido, pallidissimo, va a ricadere sur un seggiolone, abbrividito, affranto, gli occhi stravolti.
      Aveva rubato - e lo sapeva!
      Tutta questa scena si era compiuta in tre minuti.
      Adriano pensava che l'avesse durato un'ora.
      Restò assiso lì per qualche istante.
      La vista di quella camera però lo turbava. Tutto gli rimproverava il suo delitto. Gli sembrava che il piccolo mobile lo guardasse corrucciato, come una vergine insultata, e gli gridasse: ladro! ladro!
      Adriano non resse più, e se ne fuggì nel boudoir, poi nella stufa di Vitaliana.
      Respirò!
      Nevicava di fuori. Faceva scuro, scuro. Il rovaio fischiava agitando vivamente le nervature di ferro della stufa.
      Di dentro, gli uccelli-mosca svolazzavano; le farfalle multicolori zonzavano; i fiori dei tropici sbocciavano: ma si poteva leggere nel loro aspetto il bruno che portavano ad un sole per tanto tempo assente.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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