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      Se mio padre fosse vivo, egli vi avrebbe fatto saltare quel cervello cui tenete tanto. Che posso io, io? Pregare che non si disonori un nome, cui mio figlio ed io portiamo; proporre una transazione. Ove sono codeste carte, signore? Ci si dice: onore per onore, carte per carte... Ove sono desse? Voi volete farne quattrini, e lasciare il nome di vostro figlio infamato!
      Il duca era caduto coma fulminato.
      Trovando sua moglie così ben ragguagliata sopra tutti i suoi atti, egli intravide una correlazione, che traversò il suo spirito come un baleno. E' si sapeva infame; cominciava a sospettare s'egli non fosse altresì il trastullo di qualcuno!
      Pertanto, l'accento, l'attitudine, il viso trasfigurato di sua moglie, le accuse terribili cui pronunziava, lo sopraffacevano. Era confuso, quel diplomatico! La sfrontatezza lo abbandonava. La scusa stessa spirava sulle sue labbra.
      Ei rimarcò, tuttavia, che si esagerava la portata dei documenti, cui il destino aveva messo nelle sue mani, e che mentivano attribuendogli il disegno di mercanteggiarli.
      - Io ò visto di questi occhi - soggiunse Vitaliana - uno spaccio del principe di Tebe, che ordina di comprare quelle carte ad ogni costo, perchè li re Taddeo è morto ieri o deve morire oggi. Lo assassinano forse.
      - Ma, allora, chi è che vuole quelle carte? che vogliono farne? - gridò il duca in un accesso di terrore.
      - Le si vogliono bruciare - in uno alla dichiarazione cui avete firmata. Vi si vuol mettere nell'impossibilità di fare il male. Si vuol salvare l'onore del nome cui porta mio figlio.


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Vitaliana Tebe Taddeo