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      Questa cameriera dunque me lo assevera.
      - Allora, partite.
      - Impossibile. Osservatemi come sono cangiato. La mia vita è un letto di aculeo. Dovunque io mi giri, gli è tenebre. Dovunque io mi proponga abbordare, gli è l'onta, il delitto o la morte. Non oso più escire, ed ò paura di restare a casa. Se veggo un fanciullo nelle vie, il singhiozzo, il soffoco mi prendono. Se incontro una coppia felice, le lagrime inondano gli occhi miei. Io trovo uno scherno in tutti gli accenti. Ogni parola mi sembra un'allusione. Si direbbe che una mano invisibile scriva le mie colpe sulla mia fronte, e che ciascuno ve le legga. I miei colleghi mi squadrano singolarmente. Morella non mi discaccia neppur più; io non esisto più per lei! Sono andato al teatro, pensando distrarmi; ò creduto riconoscere che mi avevano messo in iscena. Sono andato al ballo della mezza-quaresima; una maschera si è avvicinata e mi à detto: "Ai tu incontrato tua moglie?" Evitano al club di giocare con me. Io trascino nelle feste un piglio che mette le donne in fuga, gli uomini in guardia. All'ultimo ballo delle Tuileries, la regina non mi à parlato. E dietro a me, un militare chiedeva ad un altro, facendo certo allusione ai casi miei: "Come vanno le vostre colombe?"
      - Non ne avete dunque mica abbastanza di guai reali, che ve ne create tanti con l'immaginazione? - dimandò il dottore.
      - L'immaginazione non alloggia in casa mia. Gli è il fatto materiale che mi schiaccia. Avevo una posizione: me ne cacciano! Avevo una casa: me ne esiliano!


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Evitano Tuileries