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      Fin ad ora ella è pura ancora. Fra tre giorni, nol sarà più.
      - Chi vi dice codesto?
      - La sua cameriera. Gli è dopo dimani l'anniversario dei nostri sponsali. La vedova si rimarita - là, nella casa mia stessa, in quel nido di rifugio ch'ella s'era costrutto, quando, nelle mie braccia, ella sognava dei suoi giorni di vergine! Ora io non ò nè il coraggio di battermi, nè quello di uccidermi; non voglio a prezzo alcuno lasciarli entrare in quel paradiso. Li ucciderò.
      - E poi?
      - Poi, poi... Dio crea l'avvenire ed il diavolo lo cavalca. Io soffoco. Il pensiero mi rode; il cuore mi divora. Prometeo era un Sibarita, paragonato a me. Oh sì! li assassinerò... l'è la mia calma, è il sonno che essi ànno estinto negli occhi miei.
      - Ascoltatemi un po'. Se venite a me perchè sentite il bisogno di esser salassato, io son chirurgo e sono pronto. Se venite per intrattenermi dei vostri delirii, voi avete mal preso il vostro tempo. Io ò fretta. Il mio editore mi intima di consegnargli un certo trattato sui Fiori, cui gli ò venduto.
      - Avete ragione, signore, io sono uno zotico a venire ad appestare l'atmosfera innocente e soave che vi circonda. Il fiore! mille scuse. Io non sospettava d'infettare codesta innocenza del mio alito di omicida.
      - Ebbene, caro duca, non vi abbiate di rimorsi a causa di ciò. Imperocchè, ve lo assicuro, io non conosco nulla nella natura che sia così assassino che il fiore.
      - Scherzate, scherzate...
      - No, punto. Dimandatelo alla duchessa, che li conosce i fiori. Quella cara dama li ama dessa sempre?


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Sibarita Fiori