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      - Esattamente... E voi potete domandarlo alla duchessa.
      La connessione di queste due parole, suicidio e duchessa, fece abbrividire il duca. Quantunque pallido di già, impallidì ancora, e balbuziò:
      - Mistificatore, va!
      Ed uscì.
      Il dottore lo accompagnò del suo sguardo fisso e penetrante, e mormorò a sua volta:
      - Assassino!
     
      Il duca di Balbek ritornò al palazzo, e parlò alla cameriera. Poi uscì di nuovo, e passò il rimanente del giorno a visitare le stufe di tutti i fiorai di Parigi.
     
     
     
      XVIII.
     
      La via del cielo... dopo una sosta.
     
      Il duca di Balbek aveva sulla morale dalle idee incerte, un carattere avvizzito, uno spirito sconcio dall'educazione dei gesuiti: più dispetto che angoscia; più gelosia d'amor proprio che di amore. Non poteva, per conseguenza, sentir fortemente.
      L'abbiam visto infatti stemperarsi in un dolore multiforme, melodrammatico, senza coscienza di sè stesso. In quella situazione di spirito, egli era capace di tutto: cadere ai piedi di sua moglie, arrovesciarla nelle braccia dell'amante ed andarsi a distrarre altrove - così bene che di uccider l'una e fare assassinar l'altro. Zimbello degli uomini e degli eventi, il duca trattava gli eventi e gli uomini come delle fole. La sua posizione miserabile, che avrebbe dovuto inspirare una compassione simpatica, non ispirava dunque che disprezzo.
      Egli divagava.
      Tutt'altra però era la situazione morale di Vitaliana.
      La sua educazione, al Sacré-Cœur, non era stata più sana e corroborante di quella di sua marito presso i RR. PP. Ma la giovine donna si rilevava per tre forze divine: la purezza dell'anima, la severità del costume, l'amore!


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I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





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