Pagina (426/440)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ed infatti, ebbe come un tremito guardando il letto.
      Vitaliana non fe' sembiante di accorgersi di lui.
      Il signor di Balbek sclamò infine, quasi suo malgrado, di una voce sorda e commossa:
      - Grazia, Vitaliana, grazia!
      La giovane sollevò lentamente la fronte dall'Appendice di Alessandro Dumas, e, conficcando come una spada il suo sguardo glaciale nell'uomo che l'implorava testa giù e visibilmente turbato - rispose:
      - Sono il re, io? Ed il re, egli stesso, che può accordare la vita, può egli ridare l'onore? Di un ladro, il re può fare un ministro; di un vigliacco, un generale, e' può covrir del Toson d'oro un cuore disonorato; ma egli non sopprimerà giammai, giammai! il disonore. Ecco.
      - Io ebbi dei giorni di follia - continuò il duca. Passerò tutta la mia vita per farli obliare, per farmeli perdonare.
      - Perdonare? giammai! - rispose Vitaliana. L'oblio, l'avete di già. Aspetto mia madre per abbandonar questa casa.
      - Te ne supplico, Vitaliana, non sprezzarmi affatto, affatto! Non perderti irrevocabilmente. Io non tento di attenuare le mie colpe. Ma tu non esagerarle per farne un pretesto alle tue. Non ài tu pure bisogno d'indulgenza?
      - In ogni caso, io non la dimando - replicò Vitaliana. E non riconosco oggimai che mia madre, la quale abbia il diritto di farmi delle rimostranze.
      - Vitaliana, tu ami tuo cugino.
      - Da dieci anni.
      - Tuo cugino ti ama.
      - Da dodici anni.
      - Tu lo confessi? Ma non sai tu, o tu oblii, che io posso sfracellar quell'amore?
      - In che modo? Da gentiluomo? Tu non ti batti. Da marito, per mezzo dei tribunali?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

I suicidi di Parigi
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Sonzogno Milano
1876 pagine 440

   





Balbek Vitaliana Appendice Alessandro Dumas Toson Vitaliana Vitaliana Vitaliana