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      Il primo frate compagno del padre Commissario che veniva tutte le settimane a far la visita ed al quale i carcerieri (che m'avevano portato un po' di paglia da me loro chiesta) avevano detto che avevo cominciato un lavoruccio, fu il primo che avesse la curiosità di vederlo. Tanto gli piacque che se lo tenne e lo fece vedere agli altri prigionieri che lavoravano di paglia. Dopo otto giorni me lo restituì ed io ne presi occasione per chiedergli il permesso di lavorare a cosucce simili. Mi rispose che non era permesso nelle camere chiuse, ma che, per farmi piacere, ne parlerebbe in Congregazione e cercherebbe di ottenermene la grazia; che intanto, se volevo divertirmi a disegnare, lo potevo, e che mi si permetterebbe di tenere un lapis, della carta e tutto quel che bisogna per fare delle imagini o altri lavori a penna. Io lo ringraziai cordialmente del favore, che accettai attendendo gli effetti della sua buona volontà intorno al permesso domandato, che venne soltanto sei mesi dopo.
      Cominciai dunque a disegnare ed a far di mia testa molte imaginette col lapis e colla penna; tanto che mi tornai a sciogliere abbastanza la mano al disegno che da quindici anni avevo abbandonato. Il gran numero di figurine che facevo, dava negli occhi ai carcerieri che mi portavano da mangiare e visitavano la prigione quattro volte al giorno. Io ne regalavo loro qualcuna di quando in quando per addolcire il loro umore burbero.
      Accadde che uno di questi carcerieri fu mutato e ne fu messo un altro al suo posto, ubriacone, brutale, bestemmiatore e con una fisionomia che rivelava gli istinti suoi.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





Commissario Congregazione