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      Costui, vedendomi lavorare intorno a quelle figurine, si mise in testa che potrei fargli il ritratto dell'innamorata, benché non l'avessi mai vista. Tutti i giorni mi seccava perché gli facessi questo piacere, assicurando che me ne avrebbe obbligo eterno. La sua sciocchezza mi faceva ridere, ma volendo farla servire a' miei disegni, gli risposi che farei volentieri quel che desiderava purché mi desse un temperino, senza il quale non mi potevo servire delle penne. Mi replicò che sapevo bene quanto fosse rigorosamente proibito, ma che tuttavia me ne porterebbe uno, col patto di restituirlo il giorno dopo. Quando l'ebbi, temperai le penne e feci d'idea una figurina a mezzo busto, vestita alla moda romana. Il giorno dopo, quando la vide, giurò che era la sua innamorata in persona e che non si poteva imaginare o vedere una rassomiglianza più perfetta. Mi pregò, per compier l'opera, di unire al ritratto un biglietto galante, pieno di testimonianze della sua tenera passione per l'innamorata. Così, di segretario di cardinali eccomi divenuto pittore e confidente di carcerieri, la più vile ed infame canaglia che sia sulla terra.
      Ma la commedia non finì così presto. Tutti i giorni dovevo soffrire l'importunità delle sciocche confidenze di costui. Ora mi parlava de' suoi piaceri, ora de' suoi tormenti e mi seccava per avere nuovi ritratti e perché gli scrivessi altre lettere. Il bisogno del temperino mi faceva più paziente che non sarei stato, ma la fortuna volle che un giorno questo carceriere litigasse all'osteria con un altro ubriaco al quale tirò una pistolettata, che per verità andò a vuoto; ma bastò perché lo cacciassero dal servizio dell'Inquisizione.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





Inquisizione