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      Domandai ancora ed ottenni il permesso di far comprare colori fini per miniare e lo feci per provvedermi di bianco di cerussa, sapendo bene che colorando con questa un foglio di carta ed attaccandolo al muro per coprire qualche buco fatto apposta, non se ne accorgerebbe nessuno.
      Quando ebbi i colori, cominciai a disegnare colla penna alcune figurine, aggiungendovi ornati di grotteschi e fiori misti a imaginette miniate che incastonavo nei lavori di paglia: e di queste imaginette staccate facevo qualche volta doni a diverse persone, secondo capitava l'occasione.
      Dopo la nostra sentenza ci dettero l'assoluzione e ci permisero di andare alla messa tutti i giorni di festa e di confessarci e di comunicarci ogni quindici giorni. Fu così che potei vedere, tra gli altri prigionieri, alcuni di quelli compresi nella mia sentenza. Trovai anzi modo di parlare e di dare segretamente certi biglietti a un mio vecchio amico, chiamato Giovanni Filippo Alfonsi, col quale, da giovane, avevo studiato al Collegio Romano. Quel che ci scrivevamo di più importante era intorno al modo di ottenere d'esser messi nella stessa camera, poiché, quando si è in compagnia, la prigione annoia meno e si ha il vantaggio di comunicarsi i propri pensieri. Concertammo di chiedere questa grazia al Commissario contemporaneamente e costui ce l'accordò dopo molte preghiere e difficoltà. La concessione mi riempì di gioia poiché stavo per avere la compagnia d'un amico savio e fedele, cui era comune il mio tristo destino e che aveva altrettanta voglia di me di fuggir di prigione.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





Giovanni Filippo Alfonsi Collegio Romano Commissario