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      - Sì, figlio mio, - disse egli - manderò il chirurgo a visitarvi e si farà tutto quel che bisogna perché risaniate.
      Venne il chirurgo a vedermi e, poiché per natura sono un po' più grosso da una parte che dall'altra, gli diedi facilmente ad intendere che ero malato in quella parte. Mi toccò ed io finsi di sentire molto male tutte le volte che mi toccava, in modo che risolse di ordinarmi il brachiere che desideravo. Allora lo pregai ad aver cura che fosse ben fatto e che il ferro fosse buono e robustissimo perché durasse di più, per non avere la seccatura di ridomandare un permesso tanto difficile ad essere accordato, sia per raccomodare il vecchio od averne uno nuovo! Il buon chirurgo mi promise tutto e dopo molte inutili cerimonie e profonde riverenze, se ne andò.
      Ma qual soccorso, gli chiesi, potevasi sperare da quel cinto?
      Un soccorso grande - mi rispose - poiché essendo per solito questi arnesi fatti con un cerchio di ferro in giro, questo ferro, raddrizzato, diventa lungo e comodo per staccare la calce dalle pietre e rimover queste dal muro, a poco a poco.
      Mi portarono il brachiere dopo quindici giorni. Io me lo misi subito e per nascondere lo strattagemma, mostravo qualche volta ai carcerieri che l'avevo indosso. Speravo così da una finta malattia di procurarmi un rimedio ad un male vero e prendevo buon augurio per la riuscita de' miei progetti dal parermi che la fortuna mi secondasse in tutto, fornendomi gli arnesi di cui abbisognavo di più.
      Ci mancava però un ferro più grosso da far entrare nel muro, che, come ho detto, aveva più di sei piedi di spessore, e questa difficoltà mi spaventava solo a pensarci.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170