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      Ringraziamo il cielo che ci offre quel che ci bisogna di più!
      - Dove? - mi chiese egli.
      - Ecco! - risposi io, mostrandogli gli arpioni.
      - È vero - riprese egli - che questi arpioni ci servirebbero bene. Ma come strapparli?
      - Per questo, lasciami fare - io dissi. - Se dovessi lasciarvi un braccio, per quanto male mi potessero fare, li strapperò dal loro buco!
      Cominciai dunque a staccare la calce intorno intorno colla punta delle forbici che vedeste: indi, colla bocca vi spruzzai sopra dell'aceto. Così il lavoro progredì tanto che dopo tre giorni uno di quegli arpioni mi rimase nelle mani. Perché poi i carcerieri non s'accorgessero di nulla, mi servii della creta di quell'impronta di cui parlai, la impastai nell'acqua e la stesi delicatamente sul luogo di dove avevo tolto l'arpione. Nel posto di questo misi un altro arpione di cartone che avevo fatto rassomigliantissimo, dipinto di color di ferro, in modo che non si poteva scoprir nulla. Piantai questo arpione falso nella creta introdotta nel buco, spalmando di fuori con bianco di cerussa, tanto simile al colore del muro che non ci si vedeva differenza alcuna e tutti avrebbero preso l'arpione finto per un arpione di ferro. Perché non si trovasse il ferro staccato, lo portai molto tempo appeso al brachiere che portavo, dove nessuno avrebbe pensato di cercarlo.
      Vi dirò una cosa notevole che mi accadde in quel tempo. Da che ero prigione avevo parlato parecchie volte col famoso dottor Molinos, che si mostrò sempre contento di intrattenermi.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





Molinos