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      Mi diceva che, tra quanti prigionieri eravamo, non ne vedeva nessuno più volentieri di me, conoscendo che in una così dura avversità ero perfettamente rassegnato ai voleri di Dio. Sensibile alle dimostrazioni della sua garbatezza e della sua stima, lo ringraziai di gran cuore. Del resto gli debbo questa testimonianza, poiché non bisogna mai tacere la verità, che non si può mai abbastanza lodare la buona e santa vita che conduceva nella prigionia. Pareva tanto pentito de' suoi errori che non lasciava passare un momento senza detestare quelli che erano stati divulgati come suoi dogmi. Viveva in una continua penitenza, esortando i prigionieri a lodare Iddio nella loro tribolazione; e quando ci dava degli avvertimenti (finché glielo permisero, perché in seguito gli fu proibito) lo faceva con tale fervore di spirito che gli si vedeva brillare la gioia in viso. Non si annoiava mai; non si lamentava mai, ma spesso gridava «Peccavi Domine! Miserere mei!».
      Quando gli fu proibito di parlare ai prigionieri, cominciò a scrivermi biglietti e quando andavamo alla messa me li metteva destramente in mano ed io nello stesso tempo gliene dava altri. I suoi non contenevano che buone esortazioni per soffrire con costanza la prigione ed esempi di santi che passarono per le prove dell'avversità. Il buon vecchio cercava di animarmi con questa santa filosofia perché non mi lasciassi abbattere dalle afflizioni. Due mesi prima della mia fuga mi chiese un po' di carta da scrivere con un biglietto, per finire un libro che componeva ad onore della Beata Vergine; ed anche un po' di filo nero e un ago per racconciare le sue calze di lana che erano sdrucite.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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