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      Protestavo che non mi ci ero determinato per alcun dispetto contro la Santa Madre Chiesa né per alcun dubbio sulla fede cattolica e romana, ma solo per rivedere anche una volta, prima di morire, la luce del sole che la natura non nega ai più vili e miserabili vermi della terra.
      La mia seconda lettera era pel padre Commissario e pel suo Compagno, per pregarli, come quelli che erano bene informati delle miserie della prigione, di aver la bontà di parlare in mio favore; di rivolger l'occhio con pietà alla risoluzione di un disperato che si esponeva ad una delle più pericolose imprese del mondo; di permettere che fossero rimessi ad un tale che curava gl'interessi di mio fratello, tutti i miei libri e i mobili; di far dire dodici messe secondo la mia intenzione col denaro mio rimasto; di pagare due mesate al mio barbiere (benché da due mesi non mi fossi fatto rader la barba); di dare due testoni11 a ciascuno dei tre carcerieri perché bevessero alla mia salute, ed altre simili cose di cui non mi ricordo più bene.
      Ero stato apposta due mesi senza farmi radere la barba per lasciarmela crescere e trasformarmi il viso coi baffi, grandi o piccoli, secondo avrebbe richiesto la necessità del travestimento. Avevo perciò preso il pretesto di acutissimi dolori di denti fingendo di non poter sopportare il rasoio; e l'avevano facilmente creduto.
      Lasciai le due lettere sulla Bibbia e, risalito sul catafalco passai pel primo dall'apertura e mi trovai nella camera che stava sopra le nostre. Appena fui entrato, la mia prima cura fu di chiudere tutte le porte di dentro, indi mi feci dare dal compagno, il lume e a poco a poco i vestiti e la fune di lenzuoli.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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