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      Così mi abbandonai affatto alla Provvidenza.
      Giunto ad una piccola altura, risolsi di uscire dalla strada pubblica e di rifugiarmi in qualche luogo, poiché oltre il pessimo stato in cui mi trovavo essendo stato tanto tempo privo di moto, la paura mi impediva di camminare parendomi ad ogni momento di avere i birri dietro. Lasciai dunque la via battuta e girai a man dritta lungo le mura che sono di dietro alla Basilica di San Pietro in Vaticano. Dall'alto di una piccola costa guardai da ogni parte per vedere come nascondermi e risolsi di cacciarmi nel chiuso di una di quelle vigne che sono lì vicino. Aggirandomi lungo una siepe, credetti di averne trovata una, ma la siepe era così fitta che stimai di non poterla forare. Notai però un albero piantato in mezzo alla siepe, il che mi suggerì l'idea di afferrare un ramo colle mani, di voltar la schiena alla siepe per non graffiarmi la faccia cogli spini e di gittarmi dall'altra parte facendo una capriola al rovescio. Ci riuscii, ma dove credevo di trovarmi nelle vigne, mi trovai tra certi cavoli e più imbrogliato che mai, non sapendo ove nascondermi. Vidi al chiarore della luna (che era piena e dava un po' di bagliore, benché piovesse a dirotto) un altro albero coperto d'edera tutto intorno, e per me fu una gran fortuna poiché trovai che sotto l'albero avevano accomodata la terra e fatto un banco di zolle per starvi riparati dal sole. Mi sedetti là e le foglie dell'edera mi nascondevano tanto bene che, senz'esser veduto, potevo vedere tutt'intorno a me.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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