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      - Sì.
      - E i porci dove sono?
      - Li abbiamo lasciati giù, al basso della collina.
      Ci lasciò augurandoci il buon viaggio. Passammo quindi vicino ad una cappellina, in faccia alla quale è una strada che conduce alle vigne del borgo. Ci cacciammo per quella via e siccome tornava a piover forte, Francesco si riparò sotto un albero ed io mi rimbucai sotto una gran siepe dove trovai un buon nascondiglio. Stavo al coperto, ma non passò mezz'ora che la spia tornò a farci delle altre domande. Guardò da tutte le parti e non vedendomi, disse a Francesco.
      - Perché non vai alla Scarpa?
      - Perché piove.
      - Ma se hai paura della pioggia, perché non entri nella cappellina?
      - Purché stia al coperto, m'importa poco d'esser qui o d'esser là.
      Allora la spia lo guardò bene dai piedi alla testa, e dopo averlo esaminato tutto gli disse addio, avviandosi in fretta verso la Scarpa. Uscii dalla siepe e mi misi, con Francesco, a fuggire più presto che potevamo, attraverso le vigne. Quando però volemmo uscire dalle vigne, trovammo due fossi. Il primo era tanto ripido e profondo dal lato delle vigne, che dovemmo lasciarci scivolare in fondo, tenendoci alle viti come ad una corda. L'altro era pieno d'acqua e ce la cavammo col bagnarci passandolo. Di là ci mettemmo pei monti che menano a Riofreddo.
      Fu allora che la fame ci assalì forte. Erano tre giorni che non avevamo mangiato che poche ghiande, le quali in quei monti sono grosse come le castagne. Le raccoglievamo camminando e ce ne empivamo le tasche. Quello che in altra occasione ci avrebbe fatto schifo, ci pareva delizia nell'estremo bisogno.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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