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      - Ho una lettera - le dissi - da consegnare al signor N. N.
      - Potete darla a me poiché sono sua moglie.
      - Poiché ella è sua moglie, la prego di lasciarmi riposare qui, finché il suo signor marito ritorni.
      Ella mi permise allora d'entrare in cucina dove entrò pure una sua figlia di 17 anni. Mi chiesero chi fossi e che lettera portassi, ed io le pregai vivamente di far chiudere la porta di casa. Mi risposero che non era necessario e che la porta poteva star aperta di giorno e di notte.
      Bisogna sapere che tutti quei luoghi sono esposti alle incursioni dei briganti i quali vengono di quando in quando a saccheggiare le case degli abitanti, il che obbliga, questi, allorché entra in casa loro qualche sconosciuto, a lasciare le porte aperte perché i vicini possano accorrere alla prima chiamata. La mia parente e sua figlia mi presero per una spia dei banditi come mi confessarono poi.
      Io, vedendole in sospetto, cominciai a chiamare la madre col suo nome di battesimo ed a chiederle novelle de' suoi cugini, della zia e di altri parenti. Allora ella, sospirando, mi disse:
      - Di grazia, non rinnovate in me questi dolori! Facendomi ricordare i parenti, riaprite in me ferite troppo sensibili. Uno de' miei cugini, che è prete, venne la scorsa estate da Vienna a Roma per condur seco mia zia in Germania. Passarono di qui ed ebbi la consolazione di abbracciarli, ma, partendo, mi strapparono il cuore, poiché, cangiando clima, mi tolsero la speranza di vederli mai più. Uno de' miei cugini, che è secolare, sta nelle prigioni del Sant'Uffizio a Roma per causa di uno scellerato Monsignor Gabrielli e non spero di rivederlo che in Paradiso.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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