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      Entrai nella tartana e la prima cosa che vidi fu il nome di mio fratello che io stesso avevo scritto sulla cassa speditagli molto tempo innanzi dal mio parente e che io credevo già arrivata al suo destino. Sorpreso, domandai al padrone di dove fosse partito e da quanto tempo. Mi disse che erano partiti quasi da quattro settimane da Giulianova, ma che in causa dei venti contrari non avevano mai potuto passare il Quarnero, e che l'ultima burrasca li aveva fatti tornare tanto indietro che, senza una grazia speciale di Dio, non speravano più di arrivare a Venezia in carnovale per vendere le loro mercanzie che consistevano in arance, limoni, olio e fichi secchi. Da questo racconto m'avvidi che la nave era quella stessa su cui il mio parente aveva voluto imbarcarmi e che l'incertezza della partenza m'aveva fatto abbandonare.
      Pensate che riflessioni feci, poiché era facile vedere, dopo tali accidenti, che la mano di Dio mi guidava per vie sicure, benché ignote. Entrati dunque in alto mare, a quindici o venti miglia da Zara ci sorprese una calma tale che non si poteva andare né avanti né indietro. Il mare era immobile senza venti e senza onde, tanto che il padrone trovò opportuno di approdare a Melata32 ad aspettare il vento. Parecchi nostri marinai scesero a terra per raccogliere legna di ginepro, poiché su que' scogli non si trova altro; ma ce n'è una qualità che brucia benissimo. I suoi frutti sono grossi quasi come ciliege e ne fanno ottima acquavite.
      Il villaggio di Melata è posto sopra uno scoglio così sterile che non ci si semina, poiché sulle rocce il grano non crescerebbe; così mancando tutte le altre erbe, non ci sono che rape o mirti in abbondanza.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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