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      On le remit en prison, et on se hâta de faire le procès à un prisonnier si industrieux et d'une garde si difficile. Car les officiers sont responsables corps pour corps de ceux que le Tribunal leur a confié, et ils auroient été condamnés eux-mêmes aux galeres, ou à une prison perpetuelle, s'ils n'avoient pas pû le representer. Depuis ce tems-là, les gardes des corridors veillent, visitent les portes des cellules deux ou trois fois chaque nuit, et on ne donne plus de chandelles aux prisonniers. Le procès du maçon ayant été instruit, on lui fit faire abjuration et une nouvelle profession de foi, après quoi il fut livré au bras seculier, qui le fit exécuter à mort, non pour crimes d'Inquisition, c'est-à-dire, pour ceux qui regardent la foi (car on ne condamne jamais personne à mort en Italie, quand il n'y a que ces matières), mais par ce que ce miserable avoit commis un sacrilège horrible en volant le ciboire d'une église, et en profanant les hosties sacrées».15
      Tornando ora al predecessore di questo infelice sconosciuto, a noi basta aver accompagnato il Pignata fino al punto della fuga, senza tenergli dietro ancora nell'affannoso e lungo viaggio per la campagna romana, e poi l'Abruzzo, ove fu accolto e soccorso da una parente, e giù giù fino a Messina, e, indietro, ad Otranto, ove si imbarcò per Venezia. Ivi soggiornava il fratello, l'abate Pietro Romolo,16 non ignoto affatto nei fasti musicali, come autore delle opere Costanza vince il destino, Almiro re di Corinto, Sigismondo I, l'Inganno senza danno, il Paolo Emilio, il Vanto d'Amore ed Oronte in Egitto, rappresentate quasi tutte, su poesia da lui stesso composta, nei teatri di Venezia dal 1695 al 1705. Sembra che al Nostro si riferisca, sebbene errata nel nome e nella indicazione del carcere d'onde fuggì, questa denunzia anonima e senza data, che si conserva nell'Archivio dei Frari fra le carte del Sant'Uffizio (Busta 25), e che ci fu comunicata dalla gentilezza del comm.


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Le avventure di Giuseppe Pignata fuggito dalle carceri dell'Inquisizione di Roma
di Giuseppe Pignata
pagine 170

   





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