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      Se dunque di tanta importanza è l'assicurare i principii, certamente i matematici non dovrebbero mai aver finito intorno ai medesimi per cure e cautele: eppure io temo assai, che tutto diverso sia stato talvolta il loro procedere. Ti rimando, o Uranio, per non dipartire dallo stesso esempio, al cap. XI della Teorica delle probabilità, sul quale ti ho fatto qui sopra un cenno de' miei sentimenti. E qui poni mente, o mio buon amico, che per avere il diritto di negar fede ai risultamenti di quell'analisi, basta solamente il non trovare rigorosamente, e pienamente dimostrati i suoi principii: sarà tutto un di più, se potrai avere delle ragioni onde convincerti, che quei principii sono poi realmente falsi. Nondimeno relativamente alle forme di funzioni assunte per la probabilità delle testimonianze nel suddetto cap. XI, non è ś malagevole il tentare questa confutazione soprabbondante. Mi restringo (rimandando alla Memoria IV. del Ruffini) a quella, che assegna la probabilità di un evento osservato e riferito da molti testimonii contemporanei, formando un prodotto della probabilità semplice dell'evento, e della veracità di tutti i testimonii. Questa forma palesa manifestamente la sua fallacia in alcuni casi particolari. Quando la probabilità semplice dell'evento, ovvero una delle veracità diventa l'unità, si dovrebbe avere la certezza; e nondimeno la formola dà una frazione minore dell'unità: crescendo il numero de' testimonii, che indipendentemente gli uni dagli altri concordano nell'asserzione, la probabilità deve evidentemente crescere, eppure secondo la formola diminuisce.


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Lettere scientifiche di Evasio ad Uranio
di Gabrio Piola
Editore Fiaccadori Reggio
1825 pagine 73

   





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