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      Alla fine della giornata prima del troppo celebre dialogo "il modo, col quale Iddio conosce le infinite proposizioni, delle quali noi conosciamo alcune poche, è sommamente più eccellente del nostro: il quale procede con discorsi, e con passaggi di conclusione in conclusione; dove il suo è di un semplice intuito; e dove noi per esempio per guadagnar la scienza di alcune passioni del cerchio, che ne ha infinite, cominciando da una delle più semplici, e quella pigliando per sua definizione, passiamo con discorso ad un altra, e da questa alla terza e poi alla quarta ec.: l'intelletto divino colla semplice apprensione della sua essenza comprende senza temporaneo discorso tutta la infinità di quelle passioni". E poco dopo: "Or questi passaggi, che l'intelletto nostro fa con tempo, e con moto di passo in passo, l'intelletto divino a guisa di luce trascorre in un istante, che è lo stesso, che dire: gli ha sempre tutti presenti. Concludo pertanto, l'intender nostro, e quanto al modo, e quanto alla moltitudine delle cose intese, esser d'infinito intervallo superato dal divino; ma non però l'avvilisco tanto, ch'io lo reputi assolutamente nullo: anzi quando io vo considerando quante, e quanto maravigliose cose hanno intese, investigate, ed operate gli uomini, pur troppo chiaramente conosco io, e intendo, esser la mente umana opera di Dio, e delle più eccellenti". E quell'altro nobilissimo passo alla fine della giornata quarta e di tutta l'opera: "Vaglia dunque l'esercizio permessoci, e ordinatoci da Dio per riconoscere, e tanto maggiormente ammirare la grandezza sua, quanto meno ci troviamo idonei a penetrare i profondi abissi della sua infinita sapienza". Anzi, non solo, come questi esempii e molti altri provar lo possono, il nostro spirito ne' nostri studi s'innalza talvolta a Dio senza fatica: ma a lui si dirige, e lo trova quasi forzatamente.


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Lettere scientifiche di Evasio ad Uranio
di Gabrio Piola
Editore Fiaccadori Reggio
1825 pagine 73

   





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