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      Ma questa bellezza ci parla di Dio: "unde orta est, domanda di nuovo Newton, eximia mundi species et pulchritudo?" (Op. ivi). Veder la luce cogli occhi e non veder Dio collo spirito, egli è mai questo possibile? se la consideriamo un po' più in là che colle prime notizie dei sensi, un miracolo di sapienza si manifesta alla nostra mente. Sai tu, io vorrei dire ad un ateista, con quali leggi si muove questo fluido, quando si riflette dalle superficie de' corpi, e viene al tuo occhio? quando si rinfrange fra gli umori del medesimo, e va a pingere l'immagine sopra il suo fondo? Sono leggi recondite, che contengono una ragione di massimo e di minimo trovata da que' geometri, che sottoposero i fenomeni della riflessione e della rifrazione ai loro calcoli astrusi. Qui la necessità di una intelligenza è tanto palese, quanto per ogni fatto la necessità di una ragione sufficiente. Forse l'incredulo ignora l'esistenza di queste leggi; ma la sua stessa ignoranza può addottrinarlo, che se esse superano le di lui cognizioni, sarebbe un tanto maggior delirio il crederle nate per se medesime in mezzo ad una stupida materia d'atomi, che si accozzano, o di polvere che va roteando nei vortici. "Omnis, siegue Newton, in hac philosophiâ factus progressus certe propius propiusque nos ad caussae primae cognitionem perpetuo adducit, eaquae re permagni est existimandus." Della quale sentenza noi sentiamo tutta la verità, se riflettiamo a que' stupendi ottici strumenti, alcuni de' quali portano i nostri sguardi ne' remotissimi spazi; altri li fissano sopra gli atomi, de' quali ingrandiscono prodigiosamente i volumi apparenti, scoprendoci un ordine affatto nuovo di cose; e gli uni e gli altri ci estendono di tal guisa l'aspetto del creato, che la nostra immaginazione si stanca ed esaurisce le sue forze.


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Lettere scientifiche di Evasio ad Uranio
di Gabrio Piola
Editore Fiaccadori Reggio
1825 pagine 73

   





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