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      Se poi, o Uranio, badiamo alla velocità, con cui si muovono globi sì corpulenti, tale che il pensiero si stanca a tener loro dietro: se poniam mente, che nelle traiettorie da essi descritte si verifica sempre una proprietà di massimo e di minimo in quella quantità, che dai geometri è detta quantità di moto, o d'azione: se consideriamo i contemporanei moti di rotazione dei pianeti sui loro assi: se il complesso ed il miracolo stimiamo di tutte queste meraviglie; non è egli vero, che non è possibile trattenersi dall'esclamare col Newton: "Deum summum necessario existere in confesso est"? (Princ. Sch. Gen.).
      La terra e il cielo erano perfettamente formati: qual cosa ancor mancava nella natura? mancava la vita. Nel quinto e sesto giorno creò Dio un ordine tutto nuovo di esseri, e aprì un tutto diverso aspetto di opere prodigiose, su cui stupirono, cred'io, le stesse angeliche intelligenze, che stavano spettatrici di quanto faceva l'Onnipotente. Creò gli animali, e ne furono popolati i campi dell'aria e quelli del mare: ebbero i loro abitatori le selve e le pianure: dirò di più: uno stagno di poca acqua, una piccola gleba di terra: di più ancora una goccia di liquore, una tenuissima polvere furono ripieni di esseri viventi. In tanto numero, quanta diversità di istinti, e di inclinazioni, e di bisogni! eppure ognuno resta al suo posto, ognuno mantiene la sua specie, ognuno adempie gli ordini del Creatore. Dovrei, o Uranio, dirti qualche cosa della struttura mirabilissima de' loro corpi; ma io non valgo a tanto, chè mi abbisognerebbero troppe cognizioni straniere alle nostre scienze; molti valenti autori hanno corso questo arringo, ed hanno provato la verità di quel detto di Plinio, che in niun luogo la natura si trova tutta, quanto ne' suoi minimi lavori.


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Lettere scientifiche di Evasio ad Uranio
di Gabrio Piola
Editore Fiaccadori Reggio
1825 pagine 73

   





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