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      Maestro d'incanti chiude a catenaccio la bocca d'una ragazza da lui tenuta sotterra, e solo per poche ore della notte la riapre. La povera reginella a cui egli ha dirizzato le sue perfide arti s'avvoltola pel terreno, si dibatte, si contorce spasimando nelle sue stanze, in quella che uno schiavo agita e dimena a poca distanza una caldaja di pece, fucina de' mali della sventurata. Un buon giovane, capitato non sa come nel palazzo di questo mago o gigante, gira e rigira credendo d'esser libero, e per forza di stregoneria si trova sempre a un punto senza uscir mai. È un anello che gli ha messo in dito il mago la cagione per cui egli si trova correndo sempre, sempre a un punto.
      Come il drago, egli sente talora l'odore della carne umana e mormora brontolando che la mangerà se potrà trovarla; ma non combatte come il drago. Come il gigante e il drago stesso egli è di cervello grosso e scioccamente si lascia sfuggir di bocca qualunque segreto che gli compromette e gli troncherà la vita. È il lato debole di questi mostri, che finiscono vittima della loro stessa imprudenza o della loro scioccaggine. Mago o drago che sia, sotto un albero, di notte, svela alla moglie, mentre il giardiniere è sull'albero a sentirlo, che unico mezzo di salvare la principessa incantata nel rosmarino del giardino reale, è ungere la pianticella avvizzita col sangue di lui e col grasso di lei, della draga; onde il giardiniere non frappone tempo in mezzo per ucciderlo e prenderne il prezioso rimedio.
      Si può attentare più sfacciatamente, più apertamente del tredicesimo figliuolo, tipo di scaltrezza, di audacia e di furberia, alla vita del mago? eppure mentre tutti lo vedono, questo solo non se ne accorge, e a Tredicino dà tanto pabulo da farsi rubare in letto, da farsi lasciar nudo, e chiudere dentro una cassa nella quale egli si è provato, e portare a morte.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Primo
di Giuseppe Pitrè
pagine 500

   





Tredicino