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      Riassumo bensì, e il meglio che io possa, la suddetta versione, invero molto lunga, la quale ha per titolo:
     
      La Lanterna (Palermo)
     
      Un mago per aprire un incanto cercò ed ebbe Beppino, figlio d'un mercante fallito, dandoglisi come zio. Condottolo in campagna, lo fè scendere in un sotterraneo ove Beppino trovò una lanterna fatata. Se non che, volendo egli risalir con essa, il mago chiuse il sotterraneo e lo abbandonò là sotto. Beppino trovò in un giardino arance d'oro, e, presene dieci, potè tornare a casa. Fatto straricco, chiese ed ottenne la figlia del re in moglie. Un giorno ch'egli era a caccia, il mago scroccò la lanterna alla madre di lui; ed ecco sparire il palazzo e la famiglia di Beppino. Costui va in cerca della famiglia; per istrada, tiene per sè una borsa, un ferraiuolo e un paio di stivali fatati che tre persone gli danno in mano, avendolo scelto giudice. Divide equamente un asino morto a una formica, un'aquila e un leone, i quali per gratitudine gli dànno l'uno de' peli della sua giubba, l'aquila penne, e la formica piedi. Giunge Beppino alla casa dei venti; il vento Tramontana lo conduce seco in capo al mondo, ove la moglie è ermeticamente chiusa colla famiglia. Si converte in aquila, in formica; penetra nel palazzo, e consigliato della moglie ruba al mago la lanterna fatata e combatte con un leone fatato; questo dimanda pane e latte, e non l'ha; Beppino dimanda ed ha una zuppa di pane e vino; uccide il leone, l'apre, n'escono due colombe, le afferra, ne cava due uova, le scaglia sulla fronte al mago che dorme, e lo uccide.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Secondo
di Giuseppe Pitrè
pagine 388

   





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