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      (651) Cupirtizzu, coperta di bastimento. Il narratore era un contadino mulattiere, e dicea di aver visto poche volte il mare in vita sua: ecco perchè non conosce nessuna voce tecnica di marina. La mia benamata Agatuzza Messia in questa occasione avrebbe sfoderata tutta la sua erudizione marinaresca.
      (652) E vide uno scoglio a mare.
      (653) Spariamo uno schioppo in aria, di volata.
      (654) Codesti giganti son certamente degli sciocchi. - Mancia-maccarruni fu detto fino al 1860 per ingiuria a' Napolitani, e specialmente ai soldati borbonici; e si ricorda tuttora il proverbio: Napulitanu, mancia-maccarruna.
      Trovo però che ne' secoli passati si dicea pure in Sicilia: Siciliani, mancia-maccarruni. Vedi le Canzoni scritte dal P. PAOLO CATANIA e pubblicate da Andrea Colicchia in Palermo nel 1663, vol. VIII, pag. 170.
      (655) Merìcili, voce corrotta da orifici, e che io feci ripetere più volte al narratore.
      (656) Con suoni e sinfonie.
      (657) La gente stava a guardare a filo di spada, cioè a doppia fila (come mi spiegò lo stesso narratore).
      (658) Coffa, sporta.
      (659) Filora per flora.
      (660) Quand'era per far giorno.
      (661) Bada bene che tutte 24 donzelle abbiamo un nastro su' capelli.
      (662) Non isbagliare, sai!
      (663) Volle la colazione, ma ben sostanziosa. - Accumpagnatu o accumpagnateddu, add. di cosa abbondante, ben fatta, ben messa, ben corredata ecc.
      (664) Triunfu, qui cosa bellissima da imparadisare.
      (665) Sghimmari (in Palermo sgummari, forse corrotto da sgombrare) uscire.
      (666) Dicono anche a millicalli a millicalli, per significare a molliche a molliche, a pezzi a pezzi, in frantumi.


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Fiabe novelle e racconti popolari siciliani
Volume Secondo
di Giuseppe Pitrè
pagine 388

   





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