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      L’autore citato dice a questo proposito, e dice bene: a nessuno importerebbe sapere la storia della vita, quando questa storia non si collegasse in nessuna maniera con quella che si vive ora. Poichè la storia in tanto ci preme, in quanto la vita delle generazioni passate è sentita ancora nella nostra: e questo passato, noi più conosciamo e più apprezziamo quanto più ci ha dato.
      Non è quindi mestieri di spendere molte parole per dimostrare che la storia cinese non può esser per noi che un corso di fatti indifferenti; non avendo essi nessun legame con alcuno di quegli, il corso de’ quali [18] forma la storia della nostra razza. La storia orientale per noi si ferma alle rive dell’Indo: perchè fin là arrivò Alessandro Magno, perchè quello è il limite a cui ci conducono le memorie del mondo classico. Oltre l’India la vita nazionale de’ popoli dell’Asia orientale appartiene a un mondo troppo estraneo al mondo occidentale, perchè possa occupare utilmente la nostra attenzione.
      Che resta dunque d’importante nel popolo cinese, se lo mettiamo fuori del dominio della storia, che possa esser degno soggetto di meditazione e di studio, anche per coloro che non fanno professione di sinologi? Se la storia cinese è stata e resterà nel campo coltivato da’ soli orientalisti, quali altri argomenti d’importanza possono o debbono entrare nella cultura generale d’occidente? Forse quelle poche cose che formano tutto il materiale delle comuni cognizioni intorno alla Cina? Come i paraventi, i ventagli, le lanterne, e porcellane, i lavori d’avorio, le lacche, i bastoncelli per mangiare il riso, i nidi di rondine, la lunga coda degli uomini e i piccoli piedi delle donne?


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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