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      Infatti troviamo popoli d’una stessa razza parlare lingue diverse; e popoli di razze diverse parlare un medesimo linguaggio. Tuttavia, nel mondo mongolico, i mutamenti di linguaggio, se pure avvennero, si fecero in seno ad una medesima famiglia, tra dialetti aventi stretta relazione, e non alterarono l’indole della lingua stessa. Anzi è importante osservare la tenacia con la quale le popolazioni mongole conservarono gli idiomi loro. Molte di esse, nel corso della storia, hanno mutato paese, condizione sociale, religione, e perfino il tipo fisico originario; ma la lingua loro è rimasta, per caratterizzare il popolo, o per dirne la provenienza. Questa tenacità nel conservare il proprio linguaggio fa sì che, rispetto alla regione di cui qui è la parola, le aree linguistiche rispondono in generale alle aree geografiche occupate da varietà etniche. Del rimanente, al criterio della lingua aggiungeremo altri dati, idonei a determinare meglio il carattere dei popoli; esaminandone cioè le qualità ereditarie che ne formano lo spirito, le quali si manifestano nel loro tenore di vita, nel loro valore sociale, nella loro capacità all’incivilimento.
      Tutti sanno che i linguaggi parlati dalle genti mongoliche, stando alla forma e costruzione della [60] parola, vengono distinti in due grandi famiglie: linguaggi detti agglutinanti e desinenziali, e linguaggi detti monosillabici o apponenti. Nella prima famiglia i vocaboli sono per la massima parte bisillabi; e le particelle di derivazione, e quelle nominali o verbali - prefisse o suffisse - per lo più monosillabiche, si aggiungono alla radice senza che essa soffra alterazione, salvo alcune mutazioni dovute alla legge di armonia, che in siffatti idiomi governa le vocali.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246