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      La distruzione dell’antica confederazione mise fine alle mire ambiziose dei sovrani de’ vari Stati che la componevano, e alle continue guerre che ne derivavano, e condusse all’unità nazionale, la quale s’è mantenuta fin oggi. La distruzione del vecchio sistema di proprietà, che vincolava le terre allo Stato, portò ad un concetto della proprietà stessa più conforme a quello che ne hanno i moderni. Ma tanto l’uno, quanto l’altro fatto, vennero compiuti dal re Ts’in Shi-hwang-ti (221 a. C.) in modo violento; distruggendo cioè fin le Scritture della scuola confuciana, che sostenevano il vecchio ordine di cose, e trucidando i letterati che lo difendevano; e, dall’altra parte, togliendo con la forza le terre a coloro cui lo Stato aveva concesso l’usufrutto come proprietà perpetua, per farle sue proprie, e venderle poi, come possesso assoluto, a’ ricchi che potevano acquistarle. Le querimonie, le accuse, le invettive contro il [88] sovrano che dette effetto a un tal mutamento, empiono le pagine di molti libri: l’incendio delle Scritture sacre del Confucianesimo, e l’abolizione dei comuni agrari, sono materia di continuo rimpianto, da parte di uomini di Stato, d’economisti, filosofi, moralisti cinesi; e le opere loro, che ci hanno tramandate, ne fanno testimonianza. Io non mi occuperò che del secondo soggetto, per vedere con quali ragioni eglino ostenevano l’antico sistema di proprietà, e quali rimedi proponevano, per farlo in alcun modo rivivere.
      Il Biot, per solito sì accurato e preciso ne’ suoi scritti sulle antichità cinesi, cadde pertanto in un errore fondamentale, quanto alla proprietà del suolo.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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