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      Ora, questo si chiama far cadere la gente bisognosa nella rete; la qual cosa non si addice a chi siede in trono con sentimenti di umanità e di giustizia"(47).
      [98] Le conseguenze dell’abolizione dell’antico assettamento territoriale, com’era innanzi il III secolo a. C., - secondo il quale ogni famiglia aveva dallo Stato il campo, la casa, ed anche il mezzo di soddisfare l’erario pubblico - furono dapprima la disparizione delle piccole proprietà, che mantenevano il popolo della Cina in un’approssimata eguaglianza di fortune, togliendo le cagioni di lotta tra’ diversi ordini di cittadini; poi il sorgere d’una classe di ricchi, possidenti di vasti territorj; e infine il necessario aggrupparsi intorno a loro di una turba di poveri bisognosi di lavoro, che si allogavano presso di essi come mezzaioli: classe di servi, che andava sempre crescendo, dipendenti in tutto da un padrone e signore; il quale non di rado li faceva strumenti della sua ambizione, affine di ribellarsi al governo e alla legge. Tutto ciò viene deplorato, tra gli altri, da un autore cinese, che scrisse nell’XI secolo dell’era nostra; e che riferisce i pensieri e le proposte d’un uomo di Stato dal tempo degli Han, vissuto nel II secolo a. C. Questo brano, sebbene lunghetto, mi piace riferire come si trova nell’Enciclopedia di Ma Twan-lin, che fin da principio ho menzionata.
      - Dopo che i comuni agrari (Tsing-t’ien), del tempo dei Cheu vennero aboliti, le terre l’ebbe chi non le coltivava; mentre l’agricoltore ne restò privo; perciocchè i campi dei coloni andarono a mano a mano in possesso della gente agiata.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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