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      Inoltre ogni capo di casa aveva ad attendere, con la propria moglie, al culto domestico. Nell’ordinamento ufficiale cinese, quale si rileva dal Li-ki, distinguevansi il sovrano supremo (wang, t’hien-tsz’), i principi (chu-heu), le dignità (king, ta-fu) e gli ufficiali dipendenti (shi) di vario grado. Ora, il culto era tanto più complesso; e si estendeva ad un numero d’oggetti tanto più ragguardevole, quanto più era elevata la condizione sociale delle persone. La parte che la religione ufficiale lasciava al popolo era piccolissima. Esso non aveva templi. La casa era il luogo dove offriva oblazioni ai suoi morti e ai suoi spiriti tutelari.
      La religione dei Cinesi era un polidemonismo e un feticismo non dissimile, in sostanza, da quello degli altri popoli primitivi. Le pratiche stesse del culto lo dimostrano. Le offerte sagrificiali si facevano con la convinzione che l’oggetto del culto, al quale erano indirizzate, ne godesse materialmente. Al Cielo e al Sole si sagrificava sur un altare, un tumulo, una montagna - il Thai-shan, per esempio;(120) - e le vittime venivano bruciate, perchè il fumo pingue e l’emanazioni della carne arrostita s’innalzassero nello spazio, ed arrivassero a loro. Nel sagrificio alla Terra, invece, si seppelliva la vittima; quasi perchè la Terra stessa ne entrasse in possesso. Gli spiriti delle quattro stagioni, quelli della temperie ed altri, ricevono [205] onoranze, come fossero personalità reali. E quando si supponeva arrivassero apportatori di quelle modificazioni atmosferiche propizie all’agricoltura, accadeva la cerimonia d’andar loro incontro, festeggiandoli come ospiti onorevoli e graditi.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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