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      La religione, per lui, non deve insegnare a procurarci l’aiuto di potenze soprumane, nè a ottenere retribuzione in un’altra vita delle opere fatte in questa come è opinione del volgo(147). Il frutto delle pratiche religiose è "l’acquisto della perfetta attitudine a compiere i propri doveri, così da saperci piegare a tutte le esigenze di quelli: a renderci capaci di spendere tutte le forze che sono in noi, nell’obbedienza alle consuetudini sociali, che sono fuori di noi.... Le pratiche religiose devono svolgere i sentimenti d’onestà, sincerità, fedeltà e rispetto".
      Ora dunque, ogni uomo non idoneo a piegarsi a’ doveri formati dal consorzio civile, è un [231] membro inutile alla società. Anzi, dice il Li-ki: "Solamente chi ha il sentimento del dovere è uomo; chi ne manca, è come cosa morta". Non si potrebbe esprimere con maggiore efficacia, l’importanza di questo principio fondamentale della religione e della morale cinese.
      Il sentimento del dovere, che spinge l’uomo a compiere in tutto l’obbligo suo, così da renderlo capace di diventare uomo civile, gli è egli inerente per natura? Ogni altra dottrina, che non fosse cinese, considerando la necessità di questa forza morale per la vita delle società, insisterebbe nell’affermare che esso è parte necessaria delle qualità dell’animo umano. Ma il Cinese è troppo positivo e spregiudicato osservatore dei fenomeni sociali, e troppo amante della realtà dei fatti, per affermare una tal cosa. E Confucio, citando nel Li-ki un passo del Libro delle canzoni, sembra negare che l’uomo abbia per natura una tale inclinazione.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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