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      La religione confuciana non esclude la vecchiaia dalla famiglia, come le Leggi di Manu, non la vuole investita di autorità divina, come nella famiglia dell’antico mondo classico, ma la vuole mantenere come [238] principio di quell’autorità civile, intorno alla quale s’aggira l’organismo sociale. Rigettato, come abbiam visto, il soprannaturale dalla religione confuciana, questo principio di autorità doveva cercarsi nell’ordine fisico dei fatti: nel fatto più naturale e appariscente; in quella superiorità che non può esser discussa, nella superiorità degli anni.
      La pietà filiale non è pei Cinesi una virtù che si ferma al rispetto dei genitori: si estende a tutti i maggiori. Mostrando la riconoscenza illimitata, religiosa, che ognuno deve ai progenitori, che il presente deve al passato; la dottrina confuciana trae la conseguenza necessaria dell’ossequio dovuto al padre, continuato nel culto ai propri antenati, e dell’ossequio dovuto ai vecchi, continuato nel culto dei morti in generale.
      La necessità sociale d’un principio d’autorità, che dia alla famiglia, allo Stato, al popolo una vita organica durevole e proficua, nel Confucianesimo viene acconciata con le forme del sentimento; inculcando il dovere come una virtù, facendo dell’obbedienza una qualità del cuore. Così l’ossequio verso gli anziani è la prima pietra del grande edifizio; e la virtù che lo rappresenta diviene la più importante di tutto il sistema della morale cinese, perchè la più utile alla società(152); e come tale inculcata con tutti i mezzi, [239] predicata in tutti i toni(153), esaltata fino all’esagerazione(154).


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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