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      Cominciando dalla persona che fa da immagine vivente (shi) dello spirito a cui si sagrifica, e che rappresenta l’autorità divina, e quindi passando al principe, che rappresenta l’autorità umana; e poi via via a tutte le altre classi d’ufficiali, che rappresentano i vari gradi di potestà, ciascuno ha la sua precedenza, i suoi privilegi, la sua parte di onoranza. La qual cosa non ha soltanto il fine di mettere in evidenza la diversità del grado delle persone, ma anche quello d’insegnare e dimostrare, che "i benefizj dalle più alte classi debbono arrivare indubitatamente alle più basse;" perchè allora, "ogni persona del popolo aspetterà tranquilla e sicura, nel suo umile stato, sapendo che non potrà mancarle la sua parte di bene".
      [244] A ognuno il suo, ma ognuno a suo tempo: ecco la massima che si rileva da questa parte della cerimonia religiosa di cui si parla. Così la comunione alla mensa sacra simboleggia l’uguaglianza, come anche il rispetto al potere, e la giustizia. Vediamo come tutto ciò può riferirsi ad un medesimo concetto; e come può conciliarsi l’uguaglianza con l’ossequio all’autorità.
      La dottrina politica e religiosa della Cina inculca ad ogni passo il principio d’autorità, e il sentimento del rispetto e dell’obbedienza. Tutta l’educazione della gioventù, e gl’insegnamenti che fanno l’uomo, devono condurre a questo. Perciò "la religione, che è l’espressione di questa sommissione a un principio di autorità, e d’ossequio ai propri doveri, è il fondamento dell’educazione". Pertanto, eccettuata la sovranità suprema, i varj gradi di potestà civile e religiosa non sono inerenti alla persona, nè ad una classe di persone; ma è la legge della natura, unita ed aiutata dalla consuetudine e dalle leggi dello Stato, che pone a mano a mano gli individui in quelle determinate e diverse condizioni, che formano la necessaria eterogeneità dell’organismo sociale.


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La vecchia Cina
di Carlo Puini
Editore Self Firenze
1913 pagine 246

   





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